Una mia lettera ai colleghi del Dipartimento, luglio 2005

Nota: per correttezza ho cancellato tutti i nomi citati nella lettera originale. Colgo l'occasione per scusarmi con quei colleghi di Scienza delle costruzioni del nostro Dipartimento che stimo e apprezzo (e dei quali spero di non aver perso la stima). Perdonatemi se ho attaccato così pesantemente il vostro settore, ma avevo veramente perso la pazienza. Spero, ritrovata in qualche modo la serenità, di poter ricostruire insieme qualcosa di buono, anche se con discussioni e spirito dialettico.


Ai colleghi del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale.

Come probabilmente già saprete, ho presentato – insieme ai colleghi xxxxx – la richiesta di costituzione di una nuova sezione del DICA, denominata “Progettazione strutturale”. Anche se molti di voi già conoscono, più o meno, le motivazioni di questa decisione, su sollecitazione del direttore del Dipartimento le analizzo con maggior dettaglio.

Scienza delle costruzioni e Tecnica delle costruzioni, finora riunite in un’unica sezione, sono raggruppamenti disciplinari con molte affinità ma anche con specifiche peculiarità. È innegabile che la base culturale di Scienza e Tecnica delle costruzioni sia unica e che non è possibile affrontare alcun argomento di Tecnica se non si posseggono buone basi di Scienza delle costruzioni. Ma è anche vero che la “forma mentis” dei docenti di Tecnica è in genere abbastanza diversa da quella dei docenti di Scienza delle costruzioni, essendo fortemente rivolta alle applicazioni pratiche. In un discorso ideale, Scienza e Tecnica si integrano a vicenda, con pari dignità. Purtroppo però in alcune università (e Catania tra queste, anche se non certo la peggiore) i docenti di Scienza delle costruzioni si sono indirizzati sempre di più verso la teoria, con una duplice conseguenza negativa: nei confronti degli studenti, che si perdono in astrazioni e non acquisiscono più le basi necessarie per andare avanti, nelle applicazioni di Tecnica; e nei confronti dei docenti di Tecnica, che vengono snobbati e considerati “praticoni”, dimenticando la grande valenza teorica e culturale della Tecnica delle costruzioni. Questo atteggiamento ha portato i docenti di Scienza delle costruzioni ad una completa chiusura del dialogo con i docenti di Tecnica e ad una continua prevaricazione, che rende necessaria la separazione in due sezioni distinte, nel tentativo di garantire la sopravvivenza della Tecnica delle costruzioni prima che sia del tutto sopraffatta.

Le mie motivazioni potrebbero chiudersi qui, ma vorrei citare alcuni esempi a sostegno delle mie affermazioni.

1. Tre anni fa, di questo periodo, si dovevano definire i compiti didattici, cosa che avveniva di prassi in riunioni comuni della sezione. Quell’anno si doveva discutere, in particolare, del secondo anno della laurea triennale civile, attivato per la prima volta, nel quale erano presenti sia Scienza che Tecnica delle costruzioni. Io, che allora insegnavo ai civili, ero e sono fortemente convinto della necessità di una stretta correlazione tra i due insegnamenti, ancor più in una laurea triennale nella quale il tempo a disposizione per tali materie è veramente ridotto. Ho quindi appoggiato il desiderio degli allora ricercatori xxxxx e xxxxx, di tenere loro (o almeno uno di loro) il corso di Scienza delle costruzioni della laurea triennale, perché ero convinto di poter instaurare più facilmente con loro un dialogo e perché il docente che teneva il corso nel vecchio ordinamento aveva più volte mostrato di non essere in sintonia con la laurea triennale. Per tutta risposta i colleghi di Scienza si sono ritirati a discutere la questione a porte chiuse, escludendo noi docenti di Tecnica, per poi comunicarci la loro decisione. Ed io sono stato in seguito aspramente rimproverato da xxxxx, con l’accusa di aver messo zizzania tra di loro. Dopo questo, non mi è restata altra scelta che lasciare i civili e passare agli edili.

2. Nascita della laurea specialistica in strutture. Dopo aver partecipato attivamente all’organizzazione della laurea triennale civile, credevo importante una buona organizzazione delle lauree specialistiche, in particolare di quella in strutture, che maggiormente ci coinvolgeva. Ricordo che ogni tanto invitavo informalmente i colleghi a parlarne, ma il discorso veniva lasciato cadere, perché “era troppo presto” e “c’era altro da fare”. Improvvisamente, una settimana di febbraio di due anni fa, l’unica settimana in cui non ero a Catania, xxxxx ha convocato – con email inviata il giorno prima per il successivo – una riunione: senza averne titolo (in quel periodo ero io il responsabile di sezione) e senza nemmeno provare a cercarmi per telefono (quella settimana io ero semplicemente a casa mia a Spoleto, non in giro per il mondo). Così, in quattro e quattr’otto, è stata varata la laurea specialistica in strutture. Senza voler pensare che tutto ciò sia stato organizzato apposta per non avermi tra i piedi, questo mostra quanto meno la considerazione che hanno della mia opinione certi colleghi di Scienza delle costruzioni. Inutile dire che non condivido per niente l’impostazione data alla laurea specialistica. Alcuni incredibili errori, come l’essersi dimenticati delle strutture in acciaio, sono stati rabberciati in seguito (mischiando l’acciaio con le strutture prefabbricate, cosa mai vista nelle altre università). Ma rimane, ed è molto grave, l’indebita appropriazione dell’ingegneria sismica. Da sempre la dinamica rientra nell’ambito di Scienza delle costruzioni e l’ingegneria sismica in quello di Tecnica; quasi ovunque in Italia sono presenti due corsi distinti, oppure, come da noi nel vecchio ordinamento, un corso unico con un modulo di dinamica (di Scienza) ed uno di ingegneria sismica (di Tecnica). Nella laurea specialistica compaiono invece il corso di Dinamica delle strutture e ingegneria sismica, etichettato Scienza delle costruzioni, ed il corso di Complementi di dinamica delle strutture e ingegneria sismica, pure etichettato Scienza delle costruzioni. Più chiaro di così…

3. Quando io ho preso servizio, il 1/11/1992, vi erano a Catania cinque docenti di Scienza delle costruzioni e cinque di Tecnica . Da allora la Scienza delle costruzioni ha avuto banditi sei concorsi a Catania (con sette idonei) e due a Enna; la Tecnica tre concorsi a Catania ed uno a Enna. La crescita di Scienza è avvenuta non solo indipendentemente ma addirittura a scapito della Tecnica delle costruzioni. È emblematica la situazione creatasi recentemente. Erano in lista, da almeno tre anni, un posto di seconda fascia di Scienza delle costruzioni ed un posto di ricercatore di Tecnica delle costruzioni (più volte ribadito come prioritario dal DICA, ma poi inspiegabilmente scavalcato da un posto per Geotecnica). Causa il blocco dei concorsi, qualcuno ha trovato come escamotage il bandire il concorso di Scienza a Enna e tale concorso si avvia ormai alla conclusione (ma Enna e Catania non dovevano rientrare in un conto unico? E quando in facoltà si è discusso di questo posto a Enna?). Ma, cosa ancora più strana, nonostante il bando a Enna il posto di Scienza delle costruzioni è rimasto in elenco a Catania. Così appena disponibili alcuni posti la commissione organico si è ritrovata il posto di Scienza in pole position. Il giorno prima della riunione della commissione si è concordato con i colleghi di Scienza xxxxx e xxxxx la possibilità di trasformarlo almeno in posto di ricercatore, sempre di Scienza ma in tal modo a portata di un candidato a cavallo dei due settori, per fare eventualmente un successivo cambio di denominazione (o comunque da considerare neutro ai fini di conteggi successivi). La commissione ha in effetti deliberato che il posto potesse cambiare fascia, purché fosse il dipartimento a richiederlo. Ma subito dopo xxxxx ha cambiato idea. Soliti conciliaboli segreti dei docenti di Scienza, con divieto assoluto di parlarne ai colleghi di Tecnica, per arrivare a soluzioni che giovano solo a loro e indeboliscono ulteriormente la Tecnica delle costruzioni.

Con tutto questo, c’è da stupirsi se ormai non ne possiamo proprio più?

Aurelio Ghersi