Discussioni on-line - muratura 

Le informazioni disponibili sono aggiornate a Saturday 05 May 2018

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Un cordiale saluto da Pietro Lenza a tutti gli “appassionati” di Analisi Strutturale delle Costruzioni in Muratura. E’ proprio in qualità di appassionato dell’argomento che mi faccio promotore di questa iniziativa, che viene ospitata sul sito di Aurelio Ghersi in una sezione dedicata.

Si intende promuovere lo scambio di opinioni, esperienze e domande inerenti il tema, tra tutti gli interessati alla discussione. Ovviamente non vuole sostituirsi al veicolo di idee ed informazioni fornito dalle riviste tecniche/scientifiche, i seminari ed i convegni spesso promossi dalle Università ma piuttosto di integrarlo utilizzando lo straordinario strumento del WEB. Mi assumo il compito di “segretario” di questo dibattito in rete che funzionerà nel modo seguente:

- Chiunque potrà vederne il contenuto sul sito di Ghersi

- Chi intende parteciparvi fornendo osservazioni, esperienze, domande etc. potrà farlo inviando una mail a questo mio indirizzo “dedicato” lenza.analisimurature@gmail.com ; l’invio della mail implica il consenso a che la sua lettera venga eventualmente resa pubblica sul sito di Ghersi (non sarà comunque visibile l’indirizzo di posta del mittente). Il testo dell’intervento riporterà in calce il nome ed il cognome di chi scrive. Sono facoltativi i titoli e le affiliazioni, assolutamente inopportuno l’uso di nicknames

- In qualità di segretario valuterò la pertinenza al tema di quanto ricevuto ed il suo interesse generale e lo riporterò eventualmente sul sito assieme ad un mio primo commento. Non si darà di norma seguito a risposte private

Per innescare la discussione propongo una panoramica delle varie problematiche con un testo introduttivo sull’argomento, scusandomi per la sua lunghezza. Non si tratta però di un catalogo neutro dei vari aspetti in quanto non mancano opinioni o valutazioni personali derivanti dalla propria esperienza ed ispirati ad una filosofia di scuola che condivido con altri appassionati, in primo luogo Aurelio Ghersi e Bruno Calderoni con i quali ho recentemente scritto di un libro sugli edifici in muratura. Il testo che vi presento ne costituisce sostanzialmente una sintesi orientata a stimolare la discussione. Potete leggere il testo cliccando qui oppure nella barra verticale a fianco, sul titolo "L'analisi strutturale delle costruzioni in muratura"

Buona discussione a tutti

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Su invito dell’amico Pietro Lenza segnalo sul sito un’esperienza professionale relativa all’ipotesi di recupero di un edificio in muratura di tufo della fine del XIX° secolo, che costituisce il corpo principale in un complesso di fabbriche minori, anch’esse in muratura portante.

Lo studio è appena all’inizio ed il rilievo dello stato di fatto già obbliga ad ulteriori indagini cognitive, con particolare riferimento alle strutture portanti del piano terra ed al relativo assetto fondale. Le piante che sono qui appresso riprodotte evidenziano, infatti, una sensibile riduzione al piano sottostrada della lunghezza dei maschi murari che sono presenti ai piani fuori terra, e ciò almeno per quella porzione dell’area di sedime del fabbricato che è destinata a cantine e che è, perciò stesso, l’unica direttamente accessibile e rilevabile.

Tale riduzione è ancor meglio evidente nelle riproduzioni dello sviluppo verticale dei pannelli di muratura del fabbricato principale che delimitano detta porzione di area.

 In questi sviluppi verticali, i livelli del terreno di calpestio delle aree del piano cantinato sono segnati con linea a tratto più spesso e così è indicato pure il livello del terreno sottostante la struttura dell’androne principale al piano terra; resta incerta, al momento, la geometria della struttura al di sotto del piano terra per la restante parte dell’edificio.

Allo stato attuale delle indagini, tenuto conto della buona consistenza del terreno accertata anche nel corso di scavi in siti assai prossimi, per la parte di edificio che è stata più compiutamente individuata sembra ipotizzabile un processo costruttivo articolato nelle seguenti fasi:

1) scavo di pozzi - magari con pareti di scavo temporaneamente armate - e costruzione al loro fondo di fondazioni isolate a plinti tozzi in muratura;

2) costruzione al di sopra dei plinti di piedritti destinati al sostegno degli archi e delle volte del primo impalcato al piano terra;

3) conformazione del terreno sommitale compreso fra i pozzi a guisa di centine per gli archi e per le volte;

4) asportazione del terreno limitatamente alle sole aree necessarie ai fabbisogni;

5)prosecuzione della costruzione fuori terra con tecnica tradizionale.

Appare improbabile che la restante porzione di fabbricato sia fondata ad una quota più superficiale (magari con modalità diversa, tipo “a tela”) ed è più verosimile (benché oneroso da accertare) che la fondazione sia omogenea per tutto il fabbricato, sicché questo risulterebbe in pratica su pilotis.

Sarebbe utile confrontare questa situazione con altre simili segnalate da colleghi.

 

Lucio Apostolico. Ingegnere – Salerno 10 marzo 2015.

 

 

Le fondazioni degli edifici in muratura presentano sicuramente specifiche problematiche, particolarmente diverse da quelle degli edifici intelaiati in c.a.. Ricordo che Pagano, per colpire l’attenzione di noi allievi, diceva che l’edificio in muratura era “tutto fondazione di se stesso”. Si voleva sottolineare che non esiste  una discontinuità con le strutture in elevazione. Questa circostanza ha ovviamente conseguenze nella modellazione e nel calcolo a cominciare dalla definizione della quota di riferimento per determinare, nelle analisi sismiche, le altezze delle masse oscillanti.

P.L.

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Salve ingegnere, sono un giovane ingegnere della provincia di Brescia. 

Per motivi di lavoro mi trovo spesso ad avere a che fare con edifici esistenti in muratura. 

Ho letto di recente il vostro libro sugli edifici in muratura (coautore Ghersi).

La difficoltà enorme, per noi tecnici "sul campo", consiste nel capire quale modellazione utilizzare.

Il telaio equivalente è molto usato (anche con il programma che utilizzo, PCM di aedes).

Tuttavia, a mio parare, modellare una muratura con un telaio è fuorviante. Le verifiche statiche spesso non tornano perchè i maschi subiscono momenti flettenti non già per azioni orizzontali, ma proprio per il modello a telaio (continuo tra strisce, link e maschi).

Pura follia, a mio parere.

Altri programmi (come edilus-mu di Acca, 3D MACRO etc) hanno modellazioni con elementi finiti piani non lineari.

Apparentemente mi pare una modellazione molto più curata e consona all'edificio murario ; ma secondo lei ha sufficienti basi scientifiche ?

La ringrazio

Ing. Gabriele Faustini

 

Il collega Faustini solleva uno dei problemi più spinosi…quello della modellazione delle pareti murarie multipiano.

Innanzitutto mi sento in dovere di spendere qualche parola in difesa del c.d. “telaio equivalente” (caratterizzato da aste con tratti rigidi di estremità e con deformazione a taglio non trascurabile).

Esaminiamo dapprima il comportamento lineare.

  Molti ricercatori (in tempi anche lontani) hanno confrontato la deformabilità della parete modellata a telaio equivalente  con quella della parete modellata agli elementi finiti ottenendo risultati quasi coincidenti. Questo in verità per pareti con aperture regolari ed allineate in verticale. Nel caso di mancanza di questa regolarità bisogna scommettere sull’efficacia di alcuni espedienti di modellazione ( riportate ad esempio nel cap 4 del libro che il collega ha avuto la cortesia di citare). In ogni caso mi sembra importante poter contare su una buona valutazione della deformabilità iniziale (per deboli azioni orizzontali intendo) perché significa partire col…Periodo giusto. Aggiungo inoltre che in questa modellazione occorre anche avere il coraggio di scelte iniziali forti. Ad esempio se le fasce di piano non hanno apprezzabile capacità flessionale (per mancanza di cordoli, catene aderenti o piattabande tensoresistenti oltre che di sforzo assiale) è opportuno modellarle da subito come semplici pendoli. In questo caso il “telaio” degenera in una serie di mensole collegate tra loro ai piani e in questo caso scompaiono anche quei momenti flettenti nei maschi, in assenza di azioni orizzontali, che non convincono il collega (se interpreto bene quanto ci scrive).

Esaminiamo ora il possibile comportamento non lineare al crescere delle azioni orizzontali.

Il modello a telaio non consente di tener conto della non linearità dovuta alla parzializzazione dei ritti salvo a cercare di rimediarvi adottando rigidezze ridotte per i ritti decompressi nello spirito di quanto indicato dalle NTC08 (cfr. 7.2.6 ). Per la non linearità dovuta alla plasticizzazione per compressione invece si può fare ricorso ai collaudati modelli a plasticità concentrata (cerniere plastiche a pressoflessione dotate di una certa duttilità e cerniere fragili a taglio). Naturalmente con i limiti applicativi già commentati nella mia panoramica introduttiva.

Si può fare di meglio con modellazioni agli elementi finiti?  Francamente penso di no…. almeno per il momento. Ricordo di aver fatto qualche esperienza con Abaqus, un programma molto accreditato negli ambienti scientifici per l’elementi finiti nonlineari (non specificamente orientati alle murature) ma con risultati scoraggianti.

 Penso quindi in definitiva che occorra grande prudenza nell’uso di programmi agli elementi finiti non lineari anche se chi ha sviluppato il codice di calcolo ha cercato di utilizzare  recenti risultati della ricerca scientifica sul campo.

Mi auguro di ricevere da altri colleghi ulteriori contributi sull’argomento .

P.L.  25 marzo 2015

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Nella combinazione delle azioni (p.to 2.5.3 delle NTC2008) allo SLU [2.5.1], l’azione dovuta alle variazioni termiche va considerata come azione variabile dominante?

Grazie del servizio messo a disposizione sul sito del prof. Ghersi.

Cordiali saluti

Pietro Conte

 

Il quesito posto non riguarda necessariamente le strutture in muratura.

Con riferimento comunque ad edifici ordinari delle varie tecniche costruttive ricordo alcuni aspetti fondamentali sulle sollecitazioni prodotte dalle variazioni termiche.

Quelle uniformi (variazioni stagionali) sono azioni di lunga durata. Le sollecitazioni conseguenti in una struttura iperstatica, determinate con un modello elastico, sono fortemente sovrastimate rispetto a quelle effettive per i complessi fenomeni viscosi, plastici e fessurativi. In definitiva quelle effetive risultano generalmente modeste e spesso “ignorate” nel calcolo. (cfr il libro di Pozzati e di Pagano).

Quelle non uniformi , “a farfalla”,  (tipico è il caso del solaio di copertura non isolato) sono azioni di breve durata (escursione termica giornaliera) e le sollecitazioni determinate con un modello elastico sono attendibili ma…anch’esse modeste a causa della debole iperstaticità degli schemi.

In definitiva è possibile combinare le conseguenze di queste particolari azioni con le altre negli Stati limite, magari considerandole come azioni variabili principali ma ritengo che la combinazione più impegnativa rimanga quella che considera il sovraccarico accidentale come azione variabile principale.

 

P.L. 26 marzo 2015

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Spett.le prof. Lenza,
mi chiamo Gregorio Russo e sono un ingegnere ed ex allievo del prof. Ghersi.
E' stato proprio il prof. Ghersi a suggerirmi di interpellarla su problema in oggetto.
Si tratta dunque di affrontare la valutazione della sicurezza di una casa ad una sola elevazione
con struttura in muratura disordinata e con tetto spingente fatto da falsi puntoni in legno (edificio normale di 2° classe).
E' la classica casetta dei primi anni del secolo scorso, che deve subire un intervento di miglioramento sismico.
Credo che casi del genere Lei ne avrà affrontati parecchi, per cui vorrei avere da lei un consiglio 
sull'approccio più corretto da adottare per fare l'analisi sismica.
Le confesso che finora ho solo fatto analisi globali utilizzando la push over, perché avevo a che fare con edifici grandi, con buone
ammorsatura tra le murature e con solai in c.a.
In questo caso, seppur l'edificio sia modesto, il problema mi sembra ben più difficile da affrontare e gradirei avere un suo
consiglio.
Le allego piante di stato di fatto e progetto
Grazie
Cordiali saluti
Gregorio Russo

 

 

Le informazioni fornite dal collega (sia sulla copertura nello stato di fatto e specialmente su quella nello stato di progetto) non sono sufficienti per una proficua discussione ma nell’attesa che  pervengano eventuali integrazioni  si possono fare una serie di considerazioni.

Nello stato di fatto (copertura in legno, forse spingente, peraltro con lacune) l’analisi dovrebbe essere fatta sui singoli pannelli soggetti ai carichi gravitazionali + le eventuali spinte nella condizione non sismica ed ancora ai carichi gravitazionali (ridotti) + la spinta sismica (correlata alla massa di competenza di ciascuno) nella condizione sismica. I singoli pannelli sono esposti al ribaltamento fuori del proprio piano e questa costituisce la maggiore criticità. Il calcolo è elementare e può essere condotto manualmente.

Un forte miglioramento si otterrebbe  ristrutturando la copertura in maniera tale da conferirgli non solo capacità di collegamento tra le pareti (ossia incatenamento) ma anche di irrigidimento nel piano orizzontale in maniera da determinare un comportamento scatolare  della fabbrica Ciò può essere ottenuto sicuramente realizzando un solaio in c.a. con cordoli sulle murature.  Non è da escludere tuttavia che si possa determinare un effetto simile riproponendo ancora una copertura in legno con opportuni accorgimenti. Alcuni autori (Giuffrè, Di Stefano) propongono di ottenere il piano rigido mediante un doppio tavolato (incrociato) ma possono pensarsi irrigidimenti con diagonali lignee incrociate (tiranti/puntoni) ovvero con tiranti metallici sempre in diagonale (solo tiranti).  E’  sempre necessario comunque l’ancoraggio delle travi lignee alle murature.

 In questi casi il modello strutturale cambia perché possiamo considerare il sistema complessivo dei pannelli vincolati  dall’impalcato.  Penso quindi  ad una modellazione dei pannelli agli elementi finiti e ad un sistema di vincoli interni rappresentativi dell’effetto irrigidente delle singole falde.

Per quanto riguarda l’analisi penso che un’analisi lineare (statica o dinamica modale) sia più che sufficiente, effettuando quindi alla fine la verifica dei singoli pannelli. In particolare le verifiche fuori dal piano risulteranno fortemente migliorate rispetto allo stato di fatto.

P.L. 27 marzo 2015

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Di seguito riporto due quesiti ricevuti da A. Ghersi e trasmessimi per un commento

 

Salve Professore, le vorrei porre un quesito:
Nella definizione dell'azione sismica come prescritto dalle attuali ntc
per costruzioni ordinarie in muratura che valore del coefficiente csi
bisogna usare?
Grazie

 Dott. Ing. Maurizio Giorgi

 

il fattore csi interviene nella definizione dello spettro (3,2,3,2,1) e nel fattore "ro" di correlazione dei modi (7.3.3.1).

Mi sembra che la normativa non dia indicazioni cogenti sulla sua valutazione.

In genere si usa 0.05 per le costruzioni in c.a., si può assumere qualcosa in meno per quelle in acciaio e qualcosa in più per quelle in muratura.

In letteratura ho trovato  per le costruzioni in muratura l’indicazione di  0.07.

Assumere il consueto 0,05 costituirebbe quindi per le costruzioni in muratura una scelta cautelativa.

 

 

(A.   Ghersi)
 quesito che mi è stato posto, relativo al fattore di struttura
q per la verifica di edifici in muratura con analisi lineare.
La circolare, punto C8.7.1.2, indica
q = 2.0 alfau/alfa1 per edifici regolari in elevazione
q = 1.5 alfau/alfa1 negli altri casi
Non è fatto alcun riferimento alla regolarità in pianta, anche se nello
stesso punto cita la definizione di regolarità del punto 7.2.2 indicando
una modifica del punto d) che riguarda la regolarità in pianta.
Tra l'altro se parliamo di edifici esistenti più vecchi, non di classe 3,
il contributo dell'impalcato è modesto e quindi mi sembra giusto fornire
un valore prescindendo dalla regolarità in pianta, ovvero ipotizzando che
la sua presenza o assenza non influisca in maniera rilevante sulla
ridistribuzione tra pareti diverse.

Personalmente penso che dietro le indicazioni delle Istruzioni non ci sia nessun pensiero profondo (tipo edifici delle prime due classi nei quali non si ha un comportamento globale) ma solo l'ordinaria approssimazione del testo.

I casi sono due:

o l'estensore voleva richiedere per un più elevato coefficiente di struttura entrambe le regolarità (in pianta ed in altezza....che qui viene indicata come "in elevazione") ed ha precisato uno dei requisiti della regolarità in pianta...... nel testo però andrebbe tolta "in elevazione"

oppure ha colto l'occasione, per inciso, di precisare uno dei requisiti della regolarità in pianta nel caso che  in altre situazioni fosse necessario esprimersi anche sulla regolarità o meno in pianta....ma non mi risultano queste situazioni per gli edifici esistenti.

In ogni caso, sul piano pratico, credo che sia quasi impossibile che un edificio in muratura esistente possa soddisfare tutti i requisiti della regolarità in altezza (in particolare le variazioni delle rigidezze che peraltro non si sa bene cosa siano) per cui escluderei l'utilizzo del "2".

teniamo infine sempre presente il carattere non cogente delle istruzioni.

Le espongo brevemente il problema: devo fare un Certificato
di Idoneità Statica per un edificio in muratura ubicato in provincia di
Trento. Inizio col dirLe che l’immobile si sviluppa su 4 impalcati. Al
piano terra ci sono delle murature portanti con spessori di circa 0.90-1 m,
interpiano abbastanza alto per la presenza di due volte a crociere. I
successivi impalcati hanno muri portanti risegati con spessori di
0.40-0.30 m per un altezza di interpiano di
circa 3 m. La muratura sembra abbastanza buona, blocchi di tufo ben squadrati
con malta di allettamento cementizia in discreto stato. In base alla
crono-storia,
l’edificio è stato realizzato negli anni 40’, sanato con
licenza edilizia nel 1973 e ristrutturato nel 1982.
Non avendo mai presentato documentazione in provincia di Trento, mi sono
scaricato le loro linee guida per la compilazione del  C.I.S. Le linee
guida dicono che dove non sia
possibile, come nel mio caso, effettuare prove non distruttive sui
materiali, il
tecnico si deve basare su documentazione già disponibile o su verifiche
visive
(come nel mio caso), ovviamente motivando le scelte fatte. Determinata così
una certa resistenza sui materiali, con applicazione di coefficienti di
sicurezza che mi abbassano la resistenza, queste si dovrebbero confrontare
successivamente con le resistenze previste nella relazione di calcolo o in
base
alle Norme dell’epoca di realizzazione del fabbricato. E'  qui cade
l’asino.

Data l’età dell’opera, a che Legge mi collego ?

Non posso usare quella del 1987, poiché l’edifico,
come appena detto, è stato costruito negli anni 40’ ed è stato
successivamente
ristrutturato nel 1982.

Anche facendo una verifica statica ai soli carichi
verticali, a che Norma mi devo riferire per le verifiche (e poi quale
fare, qualei privileggiare)?

Dimenticavo di dirle che l’edificio è abbastanza
regolare in pianta ed è inscrivibile in un rettangolo di 5 m x 10 m.


Turco Cristian

 

La descrizione dell’edificio non è ovviamente sufficiente per poter dare un consiglio esaustivo. Gli edifici in muratura hanno configurazioni strutturali molto diverse che tuttavia si possono ricondurre alla classificazione di Pagano rivisitata anche nel libro sugli edifici in muratura scritto con Ghersi e Calderoni (che consiglio di consultare). C’è da augurarsi che si tratti di un edificio della terza classe o quantomeno che lo sia diventato nella ristrutturazione del 1982, caratterizzato cioè  da cordoli di piano in  c.a. e solai rigidi nel piano orizzontale. Sarebbe anche importante sapere se attualmente l’edificio è in zona sismica (molto probabile) o se lo fosse all'epoca della costruzione (improbabile) e quale sia il grado di sismicità.

Se tuttavia ci si deve limitare ad una verifica per soli carichi verticali e confrontarsi con la normativa dell’epoca di costruzione segnalo la Legge fondamentale del 1937 che in  prescriveva come obbligatori i cordoli di piano in c.a. e vietava strutture spingenti al di sopra del piano di campagna. In pratica dal 1937 potevano realizzarsi solo edifici della terza classe.

Di seguito riporto alcuni stralci della Norma.

Regio Decreto Legge 22 novembre 1937 n. 2105, norme tecniche di edilizia con speciali prescrizioni per le località colpite dai terremoti.

 

(pubblicato nel supplemento ordinario alla gazzetta ufficiale n.298 del 27 dicembre 1937)

 

 

d) nei piani superiori a quello terreno debbono essere vietate le strutture spingenti contro i muri perimetrali ove non siano munite di robuste catene.

I tetti debbono essere costruiti in modo da escludere qualsiasi spinta orizzontale;

 

f) in tutti i fabbricati deve eseguirsi, ad ogni ripiano e al piano di gronda, un telaio di cemento armato sui muri perimetrali e su tutti gli altri muri interni portanti. Tali telai debbono essere estesi a tutta la larghezza dei muri su cui poggiano ed avere un'altezza minima di centimetri 20, la loro armatura longitudinale deve essere costituita da quattro tondini del diametro non inferiore ai mm.14 se di ferro omogeneo e a mm.12 se di acciaio semiduro, mentre le legature trasversali debbono essere costituite da tondini del diametro non inferiore a mm. 5 e poste a distanza non superiore a cm. 30;

 

 

Art. 17.

Materiali e mano d'opera.

I lavori di costruzione dei fabbricati debbono essere eseguiti secondo le migliori regole dell'arte, con buoni materiali e con accurata mano d'opera.

La muratura deve essere eseguita con malta cementizia o comunque idraulica e con mattoni o blocchi di pietra naturale od artificiale di forma parallelepipeda rettangolare ed a superfici scabre.

É consentito l'impiego di pietra convenientemente spezzata per la muratura, quando questa sia listata, cioè interrotta da corsi orizzontali di mattoni o da fasce continue di pietra di forma parallelepipeda rettangolare o di conglomerato cementizio distanti non più di cm. 60 fra loro da asse ad asse. Tanto i corsi come le fasce debbono essere estesi a tutto lo spessore del muro ed avere altezza non inferiore a cm. 12.

I muri di fondazione possono essere costruiti con pietra spezzata, senza listatura, ma sempre con malta cementizia o comunque idraulica, ovvero in getto conglomerato cementizio.

Sono vietati in ogni caso, la muratura a sacco e l'impiego di ciottoli se non convenientemente spaccati.

É pure vietato l'impiego della ghisa e di qualunque altro materiale fragile, per travi, per colonne e, in genere, per parti essenziali dell'organismo resistente degli edifici.

 

Come si vede nella Norma del 1937 non vengono fornite “pressioni ammissibili” delle murature, tuttavia, una volta accertato che la configurazione strutturale risponde a quella richiesta dalla normativa dell’epoca (preoccupa la presenza delle volte) si può effettuare il calcolo delle sollecitazioni da carico verticale sulle murature utilizzando le modellazioni e le regole applicative della normativa del 1987 riproposte nelle NTC08  (consiglio la lettura del capitolo del libro prima citato dedicato all’edificio ordinario nella condizione non sismica). Per quanto riguarda le pressioni di calcolo queste possono essere determinate secondo le indicazioni anche tabellari delle NTC08 considerando un coefficiente di sicurezza che tenga conto che trattandosi di una costruzione già realizzata non pesano le incertezze realizzative.

E’ superfluo dire che ove siano previsti interventi sull’edificio occorrerà considerare la eventuale sismicità della zona e le conseguenti complicazioni di un’analisi sismica.

 

Segnalo anche questo documento dell’ordine degli Ingegneri di Trento.

 

 

http://www.ordineingegneritn.it/ordine/commissioni_e_commissioni_territoriali/commissione_strutture/dichiarazione_di_idoneita_statica.html

 

PL 20.11.2015

 

Buongiorno, vi scrivo a proposito del calcolo dei "maniglioni" di cui si parla a pg 254 del libro "Edifici in muratura".

Vorre sapere quando è possibile assumere il modello di trave rigida?
Ad esempio con che rapporti tipici di diametro e tipologia di muratura si può cautelativamente ritenere di essere nel caso di trave rigida?

E se invece si adotta il modello di trave elastica come si valuta la profondità efficace di risposta?
(Sul libro viene detto di valutare H considerando una diffusione delle pressioni a 45°, non mi è comunque chiaro come valutare H)

Ponendosi quindi con un esempio pratico:
facendo riferimento ad una situazione comune (visibile ad es. sui dettagli Tecnaria) con ancoraggi mediante barre fi16 in fori fi30,
in che caso è considerabile rigido e quando invece elastico? E che lunghezza H assumere?

Vi ringrazio, cordiali saluti
Daniele Melchiori

 

Penso che il modello di elemento rigido su mezzo elastico possa essere adottato quasi sempre, specialmente se si interviene su murature piuttosto morbide come ad esempio quelle di tufo. Per sincerarsene tuttavia si può utilizzare anche  il modello di trave elastica (di dimensione finita) su mezzo elastico  e confrontare i valori e l'andamento delle pressioni sulla muratura.

Il modello di trave elastica su suolo elastico presenta delle incertezze nella scelta dei parametri E ed H che definiscono la c.d. costante di sottofondo. Suggerisco quindi di apprezzare il possibile range dei  valori e di accoppiarli in maniera da massimizzare o minimizzare la suddetta costante (in pratica Emax/Hmin ed Emin/Hmax). In questo modo avremo individuato una ragionevole "fascia di comportamento".  Per quanto riguarda H ritengo che possa essere apprezzata tra i 100 ed i 250 cm.

Teniamo conto infine che se esportiamo questa verifica (nata nell'ambito delle tensioni ammissibili) nel più attuale calcolo a rottura ci troveremo a condurre una verifica puntuale a rottura della muratura che sarà sicuramente largamente conservativa.

P.L. 28.11.2015.

Buonasera,

grazie per la risposta.

Nel frattempo ho provato a sviluppare il tema considerando dei modelli semplificati di distribuzione delle pressioni (Koeger e Scheidig e il cosiddetto "2:1 method")
con una diffusione delle pressioni a 45° per trovare la profondità con distrubo trascurabile - e quindi la profondità efficace di risposta -,
e per poter poi tenere in considerazione nella distinzione tra trave rigida e flessibile, oltre ai moduli elastici della muratura e del calcestruzzo, anche la lunghezza del cilindro di calcestruzzo.
In particolare adottando il semplice modello "2:1 method", modificato per una diffusione a 45°, ho cercato la profondità alla quale
le pressioni indotte risultano trascurabili.
(Dove per trascurabili credo si potrebbero assumere delle pressioni inferiori al 5-10% di quelle presenti subito a contatto col cilindro di calcestruzzo)
Assumendo il diametro del cilindro di calcestruzzo pari a B si avrebbe quindi:
σv=σ0•B/(B+2z•tg(θ))σv=σ0•B/(B+2z•tg(θ))
Con θ=45° ad una profondità pari a 5B si ha circa il 10% delle pressioni e a 10B si ha circa il 5%
(Con queste considerazioni un cilindro di diametro 10 cm avrebbe una profondità con distrubo trascurabile a circa 100cm
e quindi una profondità efficace di risposta di circa H=10B)
Una volta ottenuta la costante di sottofondo (k=Emur/H) per valutare se si è di fronte a una trave rigida o meno,
-in funzione quindi anche della lunghezza del cilindro-, userei il lambda del modello di Winkler:
λ=(4EclsJ/kB)1/4λ=(4EJ/kB)^(1/4)
se L/λ<ππ/4 allora potrei considerarla rigida
Cosa ne pensa di queste considerazioni?
Grazie e cordiali saluti
Daniele Melchiori

 

Trovo sostanzialmente corrette queste considerazioni che sostanzialmente confermano le indicazioni che avevo proposto.

P.L. 1 dicembre 2015


Salve ingegnere

si legge sovente che affinchè le fasce in muratura possano essere considerate quali elementi di accoppiamento per i maschi murari esse devono essere dotate di elementi resistenti a trazione efficacemente ammorsati.

Mi chiedo: in uno schema di funzionamento a telaio, le fasce sono soggette a flessione e a taglio, dunque alternativamente sono soggette a trazione al lembo inferiore e a quello superiore.

Se in un caso concreto ho solo la classica architrave in travetto precompresso cap e nessun altro elemento (cordoli, catene etc), questa sostiene la fascia e le conferisce resistenza a trazione solo inferiormente.

Al lembo superiore non esiste alcun elemento in grado di reggere uno sforzo di trazione.

In uno schema a telaio ha senso considerarla quale elemento di accoppiamento ?

In sostanza: perchè le norme parlano di un solo elemento in grado di reggere la trazione e non di due elementi, uno inf e uno sup, come se la fascia fosse trattata alla stregua di una trave armata simmetricamente ?

Ringrazio e buono studio e lavoro

Ing Faustini Gabriele, Vobarno (Brescia).


 

Il comportamento delle fasce murarie non è di immediata comprensione.  L’argomento è trattato nel libro “Edifici in muratura” scritto con Ghersi e Calderoni e precisamente al capitolo 3 punto 2.5.. Ulteriori approfondimenti si possono rinvenire nel capitolo 16  curato degli ingg.  Cordasco e Pacella.

Non è elegante citare se stessi ma sinceramente non saprei indicare un altro testo divulgativo.

Provo qui comunque a sintetizzare:

E’ sufficiente la presenza di un solo elemento resistente a trazione nella fascia (cordolo di piano, piattabande ben ammorsate) ovvero anche in prossimità di essa (catene scorrevoli, travi lignee ancorate nella muratura) per assicurare una certa capacità di “accoppiamento” dei pannelli di fascia. Nel citato libro   questa configurazione strutturale è stata chiamata  “fascia a puntone”.

 Se proviamo ad immaginare il traverso di piano come costituito dai pannelli nodali (intersezione tra fasce e maschi) e dai pannelli di fascia e se consideriamo questi elementi come blocchi rigidi è evidente che la rotazione dei nodi richiede la disarticolazione del sistema e l’allontanamento tra i nodi del traverso. Se però esiste un elemento resistente a trazione che contrasta questo cinematismo ecco che nasce nel pannello di fascia un “puntone” che assicura un certo accoppiamento tra i maschi (ritti nello schema a telaio). E’ a questa esclusiva configurazione che si riferiscono le prescrizioni della normativa italiana (Ordinanza 3431 e NTC08).

Se però i pannelli di fascia sono dotati di cordoli di piano aderenti e piattabande aderenti (entrambe tensoresistenti) la fascia assume la configurazione di una trave armata (a flessione ma, purtroppo, non anche a taglio). Nel libro si è chiamata questa configurazione “fascia trave”.  Non ci sono indicazioni  per questa configurazione nelle norme italiane ma le troviamo nell’ EC6 (Eurocodice 6). In ogni caso ci si saprà regolare verificando la resistenza dei cordoli e quella a taglio dell’anima muraria. Riemerge quindi la verifica del “puntone”.

PL 3 agosto 2016.


Egregio Professore,

 

le chiedo gentilmente un parere su alcune questioni riguardanti la verifica di un edificio esistente (del 1952) classificato strategico in muratura di mattoni pieni e solai in latero cemento; in riferimento alle immagini allegate del modello, si chiede:

- può essere sufficiente delle prove sclerometriche sulla malta per definire la sua qualità?? .(..inoltre sembra che la malta si riesca a sbriciolare facendo pressione con le dita di una mano.....)

- potrei passare ad un analisi pushover per singole pareti, visto che con il modello globale le verifiche push sono gran parte invalidate da un q*>3 ???

- l'ascensore in c.a. modellato con il modello a pilastro equivalente, può andare bene?

- la rigidezza della scala elicoidale in c.a. presente nel torrino è stata semplificata nel modello mettendo cordoli di piano alle murature del torrino; può andar bene??

- tra il torrino scala e il resto dell'edificio c'è un salto di quota della fondazione, tra il piano terra e quello rialzato, per cui un irregolarità altimetrica che andrebbe risolta con un opportuno irrigidimento; può essere giusto intervenire con un intonaco armato almeno per la parte a piano terra??? ....oppure che fare ???

- i solai in latero cemento sono realizzati con travi gettate in opera a interasse di 25 cm e ognuna armate con 2 f 16 sopra e sotto; l'"alleggerimento" comprende doppia trave del tipo "Sap", poi si hanno cordoli di piano e superiormente l'impalcato è "rasato" con una boiacca di cemento priva di rete elettrosaldata e per 2-3 cm di spessore; vista la particolare orditura, potrebbe ritenersi valida l'hp di impalcato infinitamente rigido e quindi come scelta del progettista? ....andrebbe verificata questa scelta???

- vista la tipologia strutturale (muratura di mattoni pieni e solai in latero cemento) e acclarata la buona connessione dei martelli murari, è giusto ritenere superflue la messa in opera di catene?

- si prevedono interventi come - chiusure di nicchie, scuci e cuci di lesioni, allineamenti verticali di aperture interne e cerchiature in acciaio dove non è possibile l'allineamento, intonaco armato leggero di nuova tecnologia (rete e connettori in fibra di vetro) per i setti murari paralleli alla direzione del sisma e per tutta altezza, cosa ne pensa?

In attesa di un Suo illustre parere, La ringrazio infinitamente per l'attenzione e La saluto cordialmente.

Arnaldo D'Angelo

 

 

 


Mi soffermo solo su un aspetto della tua lista perché lo ritengo prioritario e fondamentale.

Se veramente il solaio è "rasato" e privo di una soletta armata non si può modellare il fabbricato confidando su di un diaframma rigido e resistente nel piano orizzontale che assicurerebbe un comportamento sismico globale di tipo scatolare.

In questo caso i travetti avrebbero solo funzione di catene (nella loro direzione) sempre che,  considerato l'anno di costruzione, siano ancorati in cordoli marca-piano.

La struttura sarebbe esposta quindi a meccanismi locali e semilocali (con movimento delle pareti fuori dal loro piano) restituendo valori di capacità sismica modesti.

UN'analisi modale (intendo la ricerca delle frequenze proprie e delle corrispondenti forme modali) eseguita sul fabbricato così modellato evidenzierebbe proprio tramite  le forme modali i possibili meccanismi correlati a quote di partecipazione della massa totale.

Molto migliore sarebbe il comportamento sismico dell'edificio se riuscirai a conferire all'impalcato il carattere di diaframma rigido e resistente. A tale obiettivo prioritario suggerirei di dedicare il tuo sforzo progettuale

PL 14 Nov. 2016


Le volevo ancora chiedere un parere proprio su quanto mi ha gentilmente  suggerito; sulla base delle foto allegate riguardo ai saggi effettuati sul solaio, e acclarata la presenza di cordoli armati, Le chiedo:

 - i solai in questione potrebbero essere considerati infinitamente rigidi rispetto alle pareti?

-  acclarata la qualità scadente della malta, mediante prove con sclerometro a pendolo, comunque è giusto dare priorità all'irrigidimento a lastra dei solai, visto anche la tipologia di muratura e la planimetria del piano tipo peraltro carente di muri di controventamento? 

La ringrazio infinitamente per il sostegno!

 Arnaldo D'Angelo

 


La mancanza assoluta di armature nella soletta (da accertare in maniera esaustiva) rende la soletta non resistente a trazione e quindi si vanifica la sua potenziale rigidezza geometrica. Confermo la importanza di realizzare comunque impalcati rigidi e resistenti.

PL 14 Nov. 2016


 

Salve ingegnere, propongo una discussione in merito a una possibile modellazione a shell non lineari delle murature.

A una nota software house ho chiesto "lumi" sul funzionamento del loro modello di calcolo.

Ecco cosa mi hanno risposto.

Essendo io un neofita in materia, mi rivolgo al mondo accademico per chiedere se una modellazione simile ha solide basi scientifiche oppure se è una bella pubblicità, di effetto, ma non più accurata del classico telaio

equivalente.

Noi ingegneri siamo un po'   "tirati per la giacchetta" da questa o quella software house, ma credo che le idee su questi temi delicati siano abbastanza confuse.

Ringrazio

Ing Gabriele Faustini

 

Risposta ai quesiti

1) Per simulare il comportamento della muratura o del calcestruzzo esistono differenti teorie per la modellazione, tra le quali ad esempio:

   -Modelli nonlineari ipoelastici (usato dal MicroSAP)

   -Modelli plastici

   -Teorie endocroniche

   -Microplane, ecc.

I modelli nonlineari ipoelastici possono riprodurre in maniera soddisfacente il comportamento del calcestruzzo, della muratura e di materiali similari e sono relativamente semplici e veloci per poter essere implementati in un programma FEM nonlineare. Essi risultano i più utilizzati e ne esistono diverse varianti che possono simulare diversi aspetti, come eventuali cicli di carico-scarico, la formazione di piani di frattura, il cedimento per compressione, la presenza di armatura e la differente resistenza per l’effetto di confinamento, aderenza dell’armatura, ecc.

Il materiale è definito ipoplastico se ha la proprietà di comportarsi in modo lineare elastico entro l’intervallo infinitesimo dµ-dà o comunque sufficientemente piccolo. Nel calcolo nonlineare le deformazioni nella struttura devono essere introdotte per step iterativi sufficientemente ridotti da percorrere fedelmente la curva µ-à assegnata. Un’altra assunzione fondamentale è il concetto di deformazione uniassiale introdotto da Darwin e Pecknold col quale lo stato di sforzo-deformazione triassiale è disaccoppiato in tre distinte relazioni uniassiali. In pratica, noto lo sforzo in una direzione principale, la deformazione equivalente uniassiale nella stessa direzione è la stessa sia nello stato triassiale che uniassiale.

Il materiale è considerato inizialmente isotropo ed il suo comportamento ortotropo è indotto dal differente grado di deformazione nelle diverse direzioni. Risulta ovvio riferire quindi, ad ogni iterazione, le caratteristiche del materiale agli assi principali in cui le deformazioni o sforzi per taglio sono nulle. In generale le direzioni principali delle deformazioni non coincidono con quelle degli sforzi, ma con una opportuna legge di variazione dei moduli elastici questa caratteristica può essere soddisfatta. In questo caso l’angolo di orientazione ² è calcolato e aggiornato automaticamente dal programma durante il calcolo.


Speravo che qualche collega, con esperienza di questi software sofisticati, portasse il suo contributo alla discussione per cui ....ho atteso a rispondere

Per quanto mi riguarda la descrizione che il collega ci trasmette non è affatto chiara ed esaustiva e non consente nessun commento specifico.

Esistono codici di calcolo non lineari, accreditati dalla comunità scientifica, come ABAQUS che richiedono comunque grande prudenza nell'uso dei risultati. La mia opinione è che siamo ancora lontani da un uso affidabile  di questi codici di calcolo nelle applicazioni professionali.

Auspico ancora comunque qualche contributo in materia da parte di colleghi.

PL 17 gennaio 2017


 

Spett.le Prof. Lenza,

sono un giovane ingegnere di Salerno, che sta studiando un semplice edificio in muratura.

Da indagini  prova con martinetti emergono dei valori di resistenza a compressione estremamente bassi ( 5 kg/cmq) e non si riescono ad effettuare cicli di carico per il calcolo del modulo di elasticità (la muratura presentava evidenti fratture).

Inoltre da endoscopie e indagini visive non risultano presenti adeguati ammorsamenti tra pareti ortogonali: in pratica ho tutte le condizioni peggiori per la verifica del manufatto.

Alla luce di ciò, e considerando che per motivi architettonici dovrò ricostruire i solai,  pensavo di inglobare all'interno della muratura dei pilastri e delle travi in c.a. in modo da cambiare completamente la tipologia strutturale e quindi lo schema statico del fabbricato.

Procedendo in questo modo volevo essere aiutato nel modellare correttamente l'interazione tra l'ossatura in c.a. e  la muratura.   

Posso verificare travi e pilastri in c.a. come un normale telaio e considerare la muratura come tamponatura e quindi verificarla come elementi secondari?

Dovrei tener conto dell'interazione tra le due tipologie di materiali e considerare le differenti rigidezze degli stessi che potrebbe indurre fenomeni fessurativi. 

oppure converrebbe operare con intonaco armato, senza cambiare la tipologia strutturale e schema statico?

grazie e distinti saluti

Ing. Carrafiello


mi limito solo a qualche primo commento perchè le informazioni date dal collega sono molto sommarie.

Innanzitutto stupisce ed allarma il valore di 5 kg/cmq, se effettivamente debba essere considerato come un valore medio della resistenza a rottura per compressione. Tale valore è tipico invece delle tensioni di esercizio degli edifici in muratura (probabilmente in tufo nel caso in esame) ed alcune prove con i martinetti piatti forniscono proprio le tensioni di lavoro. In genere gli edifici venivano dimensionati con questo parametro in funzione dei carichi verticali di esercizio. Una semplice analisi dei carichi può far capire a che valori di compressione sta lavorando la muratura probabilmente da molti anni.

Se quindi le caratteristiche della muratura fossero migliori di quanto si è ipotizzato non escluderei di effettuare l'intervento di miglioramento o adeguamento utilizzando ancora la struttura muraria (eventualmente rinforzata) . Come sempre sarebbe di fondamentale importanza realizzare dei nuovi impalcati rigidi e resistenti nel piano orizzontali cosa che renderebbe non determinante la mancanza di idonee ammorsature tra le pareti murarie.

Sarebbero necessarie documentazioni integrative per commenti più approfonditi.

PL 17 gennaio 2017


Salve

mi capita talvolta di vedere, a valle di una analisi push over di edifici in muratura, una  stima del fattore "q star" inferiore all'unità.
La norma richiede che detto valore sia inferiore a 3, ma se risulta inferiore a 1 che significato assume ?
grazie
Ing Gabriele Faustini

 

 q* indica il rapporto tra il tagliante alla base che si avrebbe in corrispondenza dello spostamento ultimo in caso di comportamento indefinitamente elastico del sistema e quello massimo sopportabile (corrispondente al tratto orizzontale della bilatera). Di conseguenza un valore di q* inferiore all’unità indica che lo spostamento ultimo avviene sul ramo praticamente lineare elastico. E’ ovvio che in questo caso l’analisi non lineare non aggiunge niente alla più semplice analisi elastica lineare con riferimento allo spettro elastico.

P.L. 14 maggio 2017


Sono alle prese con il miglioramento sismico di una struttura in muratura,
una masseria storica in provincia di Taranto con struttura muraria e volte
in tufo. Per la verifica delle volte, del tipo botte ed a schifo,
basandosi
sulla teoria di Heyman le ipotesi di base sono quelle di resistenza allo
scorrimento infinita, resistenza a trazione nulla e resistenza a compressione
infinita.

Tuttavia secondo la circolare C8A.4 “per una simulazione più
realistica del comportamento, è opportuno considerare, in forma
approssimata:
a) gli scorrimenti tra i blocchi, considerando la presenza
dell’attrito;…….d)
la limitata resistenza a compressione della muratura, considerando le
cerniere
adeguatamente arretrate rispetto allo spigolo della sezione;…”.

Il mio dubbio riguarda l’obbligatorietà delle verifiche a
scorrimento ed a compressione dei blocchi e soprattutto la legittimità di
tali
verifiche considerando che le stesse sollecitazioni con cui effettuare le
verifiche sono determinate nell'ipotesi di resistenza a compressione ed allo
scorrimento infinita.

Inoltre, analizzandole da un punto di vista puramente statico in alcuni casi,
benché le volte siano allo stato attuale integre e staticamente
verificate, la
verifica di attrito (taglio nei giunti) non è soddisfatta.  La ringrazio
anticipatamente e mi scuso ancora per averla disturbata.Distinti
saluti,Ing. Camilla Baldassarre


 

Innanzitutto è opportuno precisare che l’analisi delle volte presenti nella fabbrica oggetto  di miglioramento sismico non può prescindere dall’intervento sull’intero edificio. Su questo progetto generale non vengono però fornite informazioni utili a dare una risposta chiara al quesito.

In linea di massima il progetto dovrebbe “esonerare” le volte presenti dal contribuire al contrasto o ridistribuzione delle forze sismiche. Questo può ottenersi  realizzando impalcati rigidi e resistenti nel proprio piano, possibilmente del tutto indipendenti dalle volte, realizzati ad esempio con putrelle metalliche autoportanti solidarizzate ad una soletta in c.a. che determini una sezione finale mista acciaio – calcestruzzo. Non è l’unica soluzione ma è la più comune.

A questo punto alle volte sarebbe richiesta solo la portanza di carichi verticali che, in caso di indipendenza dei solai, si ridurrebbe al solo peso proprio. La riduzione del carico verticale costituirebbe già il primo miglioramento statico. Localmente la volta deve equilibrare anche la (modesta) componente orizzontale dovuta all’accelerazione sismica subita il che corrisponde ad una lieve inclinazione delle azioni gravitazionali rispetto alla verticale.

L’analisi delle volte ante e post operam evidenzierà un ulteriore miglioramento dovuto alle diverse condizioni al contorno. Infatti la realizzazione dei diaframmi orizzontali avrebbe l’effetto di cinturare la volta (anche se ad una quota superiore alla sua imposta), contrastando la tendenza del manufatto ad “aprirsi”.

Per misurare questo miglioramento occorrerebbe però condurre un’analisi ante e post operam (con le mutate condizioni al contorno).

Non credo che un’analisi limite rigido elastica sia l’approccio più opportuno. Non dimentichiamo che la volta  cilindrica (ed a maggior ragione quella a schifo) non può essere ricondotta ad arco trasversale esteso ma ha anche un comportamento riconducibile ad archi diagonali (ancora di più quella a schifo). Sarebbe preferibile quindi un’ analisi spaziale elastica con elementi finiti membranali estendendo l’analisi anche alla gabbia muraria con le sue aperture ed i diversi vincoli cinematici ante e post operam. Ricordo che la superficie membranale non deve necessariamente coincidere con la superficie media né che debba essere a semplice curvatura (anche per una volta a botte!) purchè contenuta nel volume murario. Non è facile sisntetizzare tutto questo e credo che sarebbe opportuno lo studio del capitolo 6 del libro sugli edifici in muratura.

Dal punto di vista amministrativo non credo che questo studio dettagliato sia “obbligatorio”. Il miglioramento sismico può ritenersi evidente già per la riduzione dei carichi verticali e per l’incatenamento della gabbia muraria (sempre che ciò venga realizzato) senza una specifica dimostrazione numerica. E’ importante anche la circostanza storica che queste volte siano rimaste integre (…credo che sia così nel tuo caso) per un lungo periodo di tempo. Occorre però fare i conti con l’orientamento dell’organo di controllo che probabilmente non è omogeneo sul territorio nazionale.

P.L. 20 maggio 2017


Buongiorno, 

vorrei chiedere un parere su come considerare la presenza di muratura di spessore ridotto in corrispondenza delle finestre negli edifici in muratura.

In alcuni casi tale nicchia è costituita chiaramente da un mero tamponamento, scollegato dai maschi murari e composta da elementi forati o comunque di qualità nettamente inferiore rispetto alla struttura portante: in tal caso appare evidente la trascurabilità.

Se invece la nicchia è realizzata in continuità alle strutture principali ma semplicemente con uno spessore ridotto, come se ne può tenere conto? 

Queste considerazioni sono necessarie in particolare per valutare l'effetto di una trasformazione da finestra in porta.

Provando a modellare la parete con una mesh e imponendo una forza orizzontale esplorativa, ho provato a vedere l'influenza della presenza di muratura di spessore ridotto nella nicchia:

la presenza di muratura (anche se in spessore pari a 1/3 dello spessore di maschi) influenza la rigidezza elastica della parete, ma considerando che tale muratura va a rottura molto prima della rottura dei maschi, in uno stato limite più avanzato (ossia dopo la rottura della muratura della nicchia) questa non influenza più la struttura principale. Tale considerazione può essere sufficiente a considerare trascurabile la muratura di spessore ridotto della nicchia sotto finestra? 

Descrizione: https://ssl.gstatic.com/ui/v1/icons/mail/images/cleardot.gif

 

Daniele Melchiori

 


Mi sembra che il problema sia analogo a quello che riguarda la considerazione o meno delle tompagnature nelle maglie dei telai in c.a.. Anche in quel caso ne trascuriamo il contributo perchè pensiamo che esse si disimpegnino presto nel cimento sismico. Non omettiamo però di tenerne conto se pensiamo  che la possibile partecipazione determini condizioni più sfavorevoli all'edificio.

Nel caso segnalato penso che non sia difficile dimostrare che il contributo della muratura di nicchia è praticamente nullo allo SLV e giustificarne quindi la rimozione nell'ambito però di un progetto di intervento che dovrà necessariamente qualificarsi almeno come un miglioramento sismico e ciò evidentemente considerando tutte le opere da realizzarsi.

 

pl 31 gennaio 18


Buongiorno, vorrei chiedere un'opinione su come analizzare un edificio esistente in muratura in presenza di cerchiature in c.a. sui alcuni fori.

E' possibile limitarsi ad un'analisi lineare o, essendoci interazione tra elementi strutturali diversi per materiale e rigidezza, è assolutamente necessaria un'analisi non-lineare?

Un edificio con delle semplici cerchiature diventa automaticamente una costruzione mista?

Il capitolo §8.7.3 delle NTC2018 dice, relativamente alle costruzioni miste, che l'analisi non-lineare è da farsi "ove necessario": questo mi porta a pensare che ci siano dei casi in cui non è necessario pur avendo interazione tra elementi strutturali diversi per materiale e rigidezza. 

Personalmente mi orienterei sulla necessità di un'analisi non-lineare solo nel caso in cui l'incidenza della rigidezza delle strutture in altra tecnologia sia superiore al 15%, ma se è inferiore mi limiterei a considerarli e verificarli come elementi secondari (lasciandoli dunque presenti nel modello).

Cosa ne pensa? 

Quando è obbligatorio fare l'analisi non-lineare dell'edificio? 

Grazie, 

Cordiali saluti

Daniele Melchiori


Non mi sembra che ci sia una prescrizione vincolante su quando adottare un'analisi non lineare. La scelta rientra nella responsabilità del progettista. Tra i casi che orientano verso la necessità di un'analisi non lineare vi è sicuramente  quella di un edificio realizzato con sistemi strutturali appartenenti a diverse tecnologie (muratura, c.a. ,acciaio) perchè il calcolo lineare si basa sulla scelta, sofferta e problematica, del coefficiente di struttura (o di comportamento) che diviene quindi ancora più incerta in questo caso. Non credo però che nel caso di cerchiature in c.a. di alcuni fori si possa parlare di un sistema strutturale misto, atteso il contributo "locale" dell'intervento del c.a.. Spesso si ricorre alle cerchiature nel caso di apertura di nuovi vani (porte ed in qualche caso finestre) e la cerchiatura vuole essere una compensazione della porzione di muratura rimossa quasi una cicratizzazione della ferita inferta. Se si ritiene che la cerchiatura possa ripristinare la muratura interrotta non è da escludere un'analisi anche lineare dell'edificio che prescinda dalla presenza del foro. Modellazioni FEM più accurate possono invece tener conto delle cerchiature con l'effettiva geometria e la diversità del materiale.

PL 5 maggio 2018